Ritorno alla normalità

Il supporto psicologico nel “ritorno alla normalità”

Quando si presta servizio in un contesto di emergenza bisogna tenere ben presente la differenza tra assistenza ed assistenzialismo, riflettendo attentamente sul significato di tali concetti e sulla diversità che implicano i due tipi di intervento.

Il termine assistenzialismo sta ad indicare un tipo di aiuto passivo: è un sistema in cui gli aiuti vengono distribuiti senza un piano efficace per il loro utilizzo, quindi chi li riceve si trova in un posizione di subordinazione e di ricevente che non partecipa in modo attivo. La logica dell’assistenzialismo, sia a livello psicologico che materiale, rischia di creare forme di dipendenza molto pericolose, che portano l’individuo a maturare atteggiamenti di “vittima costante”, bisognosa di aiuto, pronta solo a ricevere ma mai a rialzarsi e a credere nelle proprie possibilità.  Operare in base al concetto di assistenzialismo sembra aiutare ma in realtà significa risolvere il problema a breve termine a discapito dell’empowerment e della valorizzazione delle strategie di coping individuali. Psicologicamente la vittima tende a prendere senza partecipare attivamente a costruire e a mantenere il nuovo equilibrio.

Bisogna puntare piuttosto su un criterio di assistenza che segua costantemente un principio di vicinanza alle esigenze dell’individuo, ma che includa contemporaneamente la responsabilità del ricevente stesso, attraverso due vie:

  • Attuando forme dirette di assistenza (fornire assistenza medica, mezzi e materiali, supporto psicologico, ecc)
  • Fornendo gli strumenti per cavarsela da soli in seguito (comprendendo come utilizzare i mezzi forniti, come stendere un piano di svolta, ecc)

L’idea di fondo che dovrebbe passare è quella che nulla è dovuto, ma tutto si può superare e costruire assieme (vittime, soccorritori e istituzioni).

Quando ci troviamo di fronte a una caduta “di senso” nasce il bisogno di comunicazione, di relazione e di dialogo. Dunque, per fare bene il nostro lavoro in situazioni simili, in tutte le situazioni che richiedono assistenza, è necessario aiutare la persona a costruire una corretta percezione di sé stessi, delle problematiche, dell’evento catastrofico, del trauma subito: rendere l’individuo in grado di elaborare e non negare i propri limiti fisici e psicologici.

Infatti, l’acquisizione e l’elaborazione del senso del limite dell’uomo comporta, seguendo un’ottica di assistenza di tipo pedagogico, la necessità di riuscire a inquadrare questo limite all’interno di logiche più ampie, all’interno del concetto di possibilità.

La relazione d’aiuto si basa sul principio del saper “essere accanto” che non significa “stare accanto”. Bisogna perciò instaurare relazioni di ascolto e comunicazione, ma soprattutto relazioni di tipo collaborativo. Passare da un mero assistenzialismo a una mutua assistenza sulla base del rispetto reciproco e del rafforzamento della dignità personale. In termini emotivi abbiamo un passaggio sostanziale da sentimenti di pietà e carità, a una profonda empatia e partecipazione che portino a collaborazione, corresponsabilità e compartecipazione, ovviamente questo segue un naturale periodo di adattamento psichico, in cui i precedenti punti di riferimento, ora destabilizzati, devono trovare modalità e tempi di rielaborazione e riorganizzazione, oltre che, naturalmente, di un adattamento pratico alla nuova situazione.

Una corretta assistenza consiste anche nell’integrazione costante tra il fare e il non fare, nel far si che i ruoli preesistenti sopravvivano, riprendano posto, e così i genitori ritornino a fare i genitori, i figli i figli, che non si protragga l’affidarsi completamente agli altri per la gestione quotidiana, che si cucini, che ci si prenda cura del proprio spazio vitale attuale. Questa è la via privilegiata per avviare una corretta elaborazione dell’evento catastrofico e per porre gli strumenti per superare l’accaduto. Vanno così indetti incontri sulla genitorialità, laboratori di riavvicinamento scolastico per i bambini, incontri ludico-formativi per i più giovani e riunioni con gli anziani.

Dott.ssa Letizia Muzi

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