La recente notizia della caduta di un velivolo delle Frecce Tricolori e della tragica morte di una bambina, che ne è stata l’infausta conseguenza, ha tristemente colpito l’attenzione di tutto il Paese. Parallelamente, la vicenda solleva tematiche giuridiche che, sotto alcuni profili, hanno già visto l’interessamento dell’Autorità Giudiziaria, con l’avvio delle indagini della Magistratura volte ad accertare eventuali responsabilità per quanto accaduto.
Fermo quindi attendere l’esito delle indagini, nel frattempo ricordiamo che in tutti i casi di perdita di una persona cara per fatto o colpa di un terzo, i familiari sopravvissuti hanno diritto ad essere risarciti del c.d. “danno da perdita parentale”, consistente appunto nel danno cagionato dalla perdita di una persona a cui si è legati da profondi legami di vicinanza ed affetto.
Al fine di inquadrare la fattispecie, occorre specificare che il danno da perdita parentale costituisce una forma di lesione non patrimoniale, la cui risarcibilità è tutelata ai sensi dell’articolo 2059 del Codice Civile. La Corte di Cassazione lo ha riassunto nei seguenti termini: “vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell’irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti (…)” (Cass. Civ. Sez. III n. 10107/2011).
È evidente infatti che la morte non costituisca solo un momento di lutto, ma si traduca nello stravolgimento perenne della vita familiare e nell’irrimediabile venire meno di quei rapporti di affetto e condivisione quotidiana, cui i Giudici italiani hanno appunto ricondotto il “danno da perdita parentale”.
Relativamente alla prova del danno (e quindi della relazione affettiva perduta), le sentenze della Corte di Cassazione forniscono oramai numerosi elementi per fornire una risposta. In particolare, è oramai pacifica la tesi per cui a dover essere provata è “l’effettività e la consistenza della relazione parentale” (Cass. Civ. Sez. III, Ord. N. 7743/2020). Il criterio probatorio è quindi ampio e sostanziale. In tal senso, elementi come la coabitazione e persino lo stesso grado di parentela sono assunti dai Supremi Giudici quali indizi probatori del legame affettivo perduto, ma non come elementi imprescindibili del medesimo.
Pertanto, nel caso di specie non parrebbe difficile offrire la prova del danno e della sofferenza, in capo ai familiari sopravvissuti, che sono stati conseguenza dell’incidente della caduta dell’aereo. Ciò significa che ogni familiare (genitori e fratelli in primis, ma anche eventualmente i nonni e ogni altro parente che provi di aver avuto uno stretto legame con la familiare scomparsa) potrebbe aver diritto a vedersi riconosciuto il risarcimento per la perdita del rapporto parentale.
Relativamente alla quantificazione del risarcimento, invece, il Giudice sarebbe chiamato ad una valutazione equitativa, da doversi parametrare a criteri razionali ed uniformi. In tal senso, sempre secondo i principi espressi dalla Suprema Corte, occorrerà applicare il sistema tabellare (Cass. Civ. Sez. III, Sent, n. 33005/2021). In particolare, avendo sempre la Cassazione escluso l’applicabilità delle tabelle del Tribunale di Milano al danno da perdita parentale, il sistema a cui far riferimento sarà – come sostenuto anche da parte della dottrina – quello delle tabelle del Tribunale di Roma.
Infine, fermo che le indagini della Magistratura sono ancora in corso e che pertanto gli accertamenti in merito all’accaduto devono ancora concludersi, nel caso in cui – all’esito di tali indagini – dovessero emergere eventuali responsabilità la richiesta risarcitoria dei parenti superstiti dovrebbe essere indirizzata, verosimilmente, nei confronti del Ministero della Difesa, in quanto è da quest’ultimo che le Forze Armate – inclusa l’Aereonautica Militare – dipendono organicamente e funzionalmente nel nostro ordinamento (Legge n. 25/1997).